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 Intervista di Teleradiopace del 23/02/2016

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Testo tratto dal catalogo "Il Museo del Risorgimento della Società Economica di Chiavari", curato dalla prof. Elvira Landò  

La giornalista di "Levante News", Consuelo Pallavicini, in occasione del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, incontra Rita Guardincerri, Assessore ai Musei della Società Economica di Chiavari e PierAngelo Moretto, coordinatore delle celebrazioni dell'evento.

Chiavari, 24 gennaio 2011 

 
 
 
 

In parte espressione chiavarese delle istanze che già avevano promosso la nascita della Società Patria a Genova, nel 1786, dopo la esperienza della Accademia degli Inariditi la Società Economica di Chiavari si configurò nel suo nascere, l’anno 1791, quale associazione di privati cittadini che hanno a cuore la comunità e le forme diverse nella quale essa si esprime e può prosperare. 

Fu espressione di autonomia di pensiero e determinazione nell’agire, quali già si erano manifestate, ad esempio, nella cura con cui si era provveduto a istituire scuole e a difenderle sia da errori di gestione che da ingerenze esterne, sia pur governative, miranti alla soppressione e a cambiamenti non graditi. Certo era opera di un gruppo ristretto di cittadini, infatti nei verbali della società si deplora abbastanza spesso che personaggi influenti o facoltosi restassero indifferenti a progetti vantaggiosi per la comunità e per loro stessi. 

Tuttavia, se si considera la composizione sociale dei cinquantaquattro firmatari del Manifesto di lancio, che includeva due donne, nobili, sacerdoti, mercanti, notai, medici, si conosce l’esistenza di un gruppo di persone, di diversa cultura, ma di comune forte sentire. Persone che leggevano, discorrevano, si ponevano nei confronti della Società in una prospettiva critica che avvertiva le implicazioni reciproche tra agricoltura, artigianato, commercio, scuola, leggi, ecc.
Si può decisamente affermare che la loro conoscenza dei problemi fosse acquisita sul campo, maturata con il confronto e con le letture. E tutto questo non si iscriveva in rigide strutture ideologiche, ma si presentava come un complesso magmatico di osservazioni, di esperienze, di progetti, che rifiutavano una sistemazione statica. Ne è prova da un lato l’esortazione a non lasciarsi irretire da discorsi teorici, pregiudiziali: le 
vane teoriche disputazioni che il Presidente Brignole Sale nel 1835 si compiaceva che fossero evitate.
Dall’altro la precoce feconda scelta di operare su questi fronti:
- scuola professionale, anche femminile, per la produzione artigianale e per quella agricola. Se ne parlò già nel 1791.
- biblioteca pubblica, atta a fornire la conoscenza delle memorie patrie e le testimonianze lasciate dai grandi, nonché le esperienze degli altri paesi. Non a caso uno dei primi volumi richiesto all’ex doge Giambattista Airoli è l’
Enciclopédie e tutti i principali fondatori e collaboratori della Società Economica donarono all’Ente la propria biblioteca. Stefano Rivarola e G. Cristoforo Gandolfi, presidente e segretario, si preoccupavano nel 1817 di avere il disegno di scaffali per riporre adeguatamente i libri.
- sollecitudine nei confronti dei cittadini in relazione al rapporto tra conoscenza, produzione e commercio attraverso l’istituzione di mostre, gare di produzione, esposizioni e conseguente informazione al pubblico sia per quanto attiene al commercio che per quanto attiene allo sviluppo e alla competitività. Ne derivava anche una nuova cura alla qualità della vita, come ad esempio l’illuminazione notturna delle strade.
- coinvolgimento nella ricerca scientifica, nella sperimentazione e nella diffusione con bollettini, con la scelta di soci corrispondenti, con il reclutamento dei parroci rurali per la diffusione del sapere agricolo. Ci fu una risposta positiva soprattutto nelle valli Sturla e dell’Aveto.
- superamento di una concezione municipalistica della convivenza civile a favore di una dimensione quanto meno europeistica dei rapporti.
attenzione al risparmio e all’oculato investimento del denaro, nella produzione e nel commercio, con la istituzione della Cassa di Risparmio nel 1856 e l’avvio di quella attività che poi sarà propria della Camera di Commercio.

 

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Il fabbisogno di materie prime, gli scambi commerciali, le esperienze nei settori amministrativi e giuridici napoleonici non esaurirono le novità. Scambi, viaggi, conoscenze di diverse condizioni di vita, di diverse più ampie possibilità di azione e di intervento confermarono le esigenze proprie di una nuova classe di governo, che venne formandosi con l’apporto di medici, di giuristi, di imprenditori.

Sono le premesse del Risorgimento: la coscienza della necessità di una trasformazione profonda della vita, una potente affermazione di autonomia: non solo dai governi retrivi o stranieri, ma da concezioni e condizioni lesive della dignità umana.

Ci fu chi si applicò a ripensare le condizioni dell’esistenza e della convivenza umana: Giuseppe Mazzini considerò alle radici la società e ne concepì a fondamento di dignità la libertà, prerogativa di ogni uomo, da conquistarsi e da difendere.
Giuseppe Garibaldi lottò perché la libertà venisse di fatto conquistata.
Furono due prospettive, due scelte, due vocazioni complementari.
 

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Il Museo del Risorgimento ha origine dalla storia stessa della Società Economica di Chiavari.
L’Associazione aveva avuto nei promotori e via via nei soci e nella Presidenza personalità impegnate a innovare tutti gli aspetti della vita civile, in un progetto inteso a favorire e a incrementare le conoscenze, il lavoro, gli scambi, e pertanto volto a superare barriere, vincoli e divisioni di ogni sorta: dazi, pesi, misure, monete e lingue.
L’esperienza di una cultura di respiro europeistico, consolidata nel periodo napoleonico, quando Chiavari era stata capoluogo del Dipartimento degli Appennini, ma operante da secoli nel Genovesato, per tradizione e vocazione, orientava nel senso di un organico progresso civile nelle istituzioni, nei metodi, nella cultura, nella produttività, nel commercio.
La cultura del ‘700 dava sostegno a questo proposito, anche se espresso e manifestato secondo differenti strategie operative.

Alla medievale divisione degli ordini, si era venuta sostituendo, non solo negli studiosi, ma anche tra borghesi imprenditori e professionisti, la consapevolezza che la varietà delle opere costituisce il fondamento di un tessuto sociale valido e prospero, se ciascuno viene indirizzato agli esiti migliori.
Si diffuse la pratica della “eccellenza” nelle prestazioni.
Ben presto si avvertì che alle opere occorreva il supporto di istituzioni adeguate. Furono avanzate proposte operative che riguardavano le scuole professionali, i mezzi di comunicazione, le esposizioni di manufatti, la ricerca scientifica e tecnologica, infine si affermò l’apprezzamento della professionalità e del concetto di “merito”.
Il passaggio dalla stagione napoleonica alla restaurazione rappresentò per la Liguria, nonostante le speranze riposte nel sovrano sabaudo, asceso al trono dopo un esilio che lo aveva tenuto lontano da ogni innovazione amministrativa, gestionale e di governo, una condizione di crisi e di regresso. Occorreva trasformare società e istituzioni, ma soprattutto, formare la coscienza civile.
 

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Il Risorgimento rappresentò appunto la complessa e feconda varietà di progetti, alcuni dei quali connessi all’esperienza dei Dipartimenti e al pensiero illuministico, altri maturati per contrasto con il degrado che in gran parte si verificò per l’ottusa e improvvida politica dei sovrani restaurati.

Il concorso di una diversificata e appassionata partecipazione politica, di una testimonianza di coraggio nella critica e nell’azione, le congiure e le azioni militari, attestano una straordinaria vitalità che assurse ad alti livelli etici, sia nelle modalità propositive, sia nella personale assunzione di rischio da parte di ogni propugnatore di idee.
La passione innovativa nel territorio genovese, del Tigullio in ispecie, fu particolarmente feconda. Libertà civile e politica, uguaglianza, controllo e partecipazione del popolo al governo, reggimento costituzionale dello stato, in ultimo, libertà come dimensione religiosa ed etica, repubblicana, sino alla forma di una organizzazione unica dell’umanità, in Mazzini, furono i nuovi valori che sostennero l’azione di molti, anche se non sempre pienamente espressi.

Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Nino e Alessandro Bixio erano tutti di origine chiavarese, avevano avi e congiunti sepolti a Chiavari, ed a Chiavari hanno lasciato testimonianze di profondo significato.
La gente del Tigullio è stata generosa, con i diversi progetti politici, con le opere e le battaglie e le sofferenze, con i beni e col sangue.

La cultura quale misura di critica e strumento di libertà, l’esperienza di rapporti aperti ai paesi esteri e oltreoceano per tradizione di vita e per ragioni istituzionali, la profonda rigorosa religiosità ligure, di stampo giansenista, orientata all’opera discreta e pervicace sino all’eroismo, sono altrettanti elementi presenti nel profilo di quanti furono, in diverse misure, gli attori del Risorgimento. La dedizione ai valori della liberà si radicava in una religiosità che si fece aspra critica del fratismo, per usare una espressione già del Verri: cioè del metodo di educazione clericale fondato su credenze imposte e su osservanze esteriori di pratiche e di riti, senza intima vita morale. E il Verri già attribuiva a questa educazione l’inferiorità degli italiani per cui l’indifferenza della coscienza portava alla mancanza di coscienza nazionale. 

Bixio A

Giuseppe Mazzini
attribuito a Francesco Gandolfi


Giuseppe Garibaldi
Domenico Induno 

Alessandro Bixio




Nino Bixio 

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Ma sembra che una parte almeno dei chiavaresi avessero una fierezza morale e una coerenza che riscattò limiti e riserve.
Maturò una robusta coscienza civile e crebbe una classe dirigente, la cui vita si espresse molto spesso attraverso le scelte operative ed esemplari della Società Economica.

Continua fu l’accoglienza agli esuli e ai proscritti, fermo il coraggio civile di opporsi a decisioni governative, come quando i cittadini chiavaresi si opposero alla chiusura della scuola di Filosofia degli Scolopi nel 1817 o quando il deputato del Collegio di Chiavari Giovanni Antonio Sanguineti sostenne al Parlamento Subalpino la petizione del Comune contro l’arresto di Garibaldi nel ’49, di cui si sottolineava l’illegalità e la anti-italianità.
Proprio la presenza degli Scolopi aveva contribuito, con la formazione di una coscienza critica, di una passione della ricerca scientifica rigorosa, degli studi delle 
humanae litterae condotti con fedele attenzione, alla formazione di una coscienza patriottica. Del resto, fondatore della Società Economica, con il marchese Stefano Rivarola, era stato uno scolopio, padre Giuseppe Solari, che lasciò poi all’Ente la sua biblioteca. E nello statuto della Società Entellica, poi Entellema, fondata dal chiavarese Stefano Castagnola, patriota e in seguito ministro, si legge la clausola curiosa ma significativa, per cui i giovani soci si impegnavano a non sposare fanciulle che fossero state educate sotto l’influenza dei gesuiti. Ai gesuiti “restaurati” era stata riaffidata l’Università, ma a Carlo Alberto si chiederà di allontanarli.
Ricordiamo ancora tra gli Scolopi del Tigullio Michele Alberto Bancalari, nato a Chiavari nel 1805, favorevole alle idee mazziniane, il quale ottenuta la cattedra di Fisica all’Università di Genova e divenuto Direttore dell’Osservatorio Meteorologico, intraprese importanti ricerche sulle strutture atomiche, sul magnetismo, sino alla famosa scoperta del diamagnetismo dei gas, annunciata al Congresso degli scienziati tenuto a Venezia nel 1847.

Ricordiamo ancora tra gli Scolopi Carlo Faà di Bruno, padre Fasce e padre G.B. Molinelli, insegnanti del sacerdote Luca A. Descalzi, maestro di Giuseppe Mazzini, il rettore Giambattista Figari, che ospitò la Società Economica nella sede delle Scuole Pie, Pio Giuseppe Ricci, Bartolomeo Gandolfi.
Cultura storica e scientifica, progettualità civile e commerciale, generoso impegno sono qualità che ai chiavaresi, e ai Liguri, vanno riconosciute, tanto più quanto si approfondisce la ricerca di fatti e documenti.

Quando, nel 1938, in occasione delle Celebrazioni dei Grandi Liguri, insieme con l’amministrazione comunale di Chiavari, la Società Economica deliberò di esporre cimeli risorgimentali, all’appello rivolto ai cittadini di produrre testimonianze corrispose un’attenzione che non si è ancora spenta: documenti e oggetti affluirono numerosi e vennero poi raccolti quale nucleo del museo che si venne formando presso la sede della Società Economica stessa.
Lo stesso anno fu infatti solennemente deliberato di dare vita ad un Museo del Risorgimento, grazie all’iniziativa del prof. Ugo Oxilia, allora bibliotecario, il quale, 
rilevato il grande contributo del materiale di proprietà della Società, segnala l’opportunità che s’offre di iniziare un piccolo Museo del Risorgimento….. il consiglio, approvando la proposta delibera la fondazione del Museo del Risorgimento, dando incarico al prof. Ugo Oxilia di curare la raccolta e la sistemazione.
Nel 1987, poiché i reperti erano ormai riferibili anche ad altre epoche, fu deciso di mutare il nome del Museo del Risorgimento in Museo Storico. In occasione delle celebrazioni che, a partire dal bicentenario della nascita di Giuseppe Mazzini, vogliono fare memoria di eventi così significativi per la nostra storia, il direttore del Museo del periodo prof. Landò ha ottenuto che venisse ripristinata la denominazione Museo del Risorgimento per la sezione specifica. 

LE ARMI 
All'interno del Museo si trova una piccola collezione di armi bianche e da fuoco. Piccola, ma di sicuro inteeresse storico, ricopre simbolicamente tutta l'epoca risorgimentale.
Armi bianche - Il pezzo di maggior pregio, che subito si fa notare per la sua bellezza, è una sciabola da ufficiale superiore francese di epoca rivoluzionaria (1792). Vi sono poi tre sciabole da fanteria modello 1833, le cosiddette "Albertine", che hanno individualmente una storia da raccontare: la prima appartenne ad un ufficiale della Guardia Nazionale; la seconda, quasi identica alla prima, era in uso agli ufficiali di fanteria; la terza reca insegne ed i colori pontifici, oltre al tricolore. Ultima una spada modello 1855, a lama curva con fodero in ferro, in uso agli ufficiali a piedi del Regio Esercito e dei reparti volontari.
Armi da fuoco - Tra le armi da fuoco, il pezzo più antico della collezione è un fucile ad avancarica a pietra focaia, che agli occhi di un “purista” passerebbe in secondo piano, poiché si presenta come bricolage di fattura estremamente artigianale. Vi è poi un fucile d’origine francese ad avancarica e canna liscia calibro 17,5 modello 1822T, di un tipo in dotazione alla fanteria piemontese ed alla Guardia Nazionale.
I pezzi di maggior pregio della collezione sono quattro carabine federali svizzere modello 1851, all’epoca le armi migliori esistenti sul mercato e molto ricercate dai corpi d’élite dei volontari, come i famosi Carabinieri Genovesi, reparto scelto che combatté con Garibaldi in tutte le campagne risorgimentali. Tali armi venivano, per l’appunto, prodotte in Svizzera ed acquistate dai volontari a titolo personale o con sottoscrizioni. Infine, è presente un fucile modello Carcano a retrocarica fabbricato a Lecco, ascrivibile a quella tipologia di armi con le quali, intorno al 1866-67, si tentò di modernizzare l’armamento del Regio Esercito dell’Italia da poco unita. Unica pistola della collezione è un modello civile a doppia canna a luminello, appartenuta al capitano Giovanni Battista Culiolo, amico e compagno d’armi di Garibaldi. 

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Cassetta medica di Giovanni Prandina, con spiegazione manoscritta del modo l'uso
[(Legno, 1867, cm. 34,5x25x12. Dono di Marco Landò (1961)] 

I CIMELI 
Non sono molti, ma significativi: hanno in genere un rapporto con la persona e come tali richiamano ed evocano situazioni, atti, eventi che, contestualizzati, rendono la memoria storica più presente. Citiamo ad esempio le camicie rosse di due garibaldini, la cassetta dei medicinali che apparteneva al dottor G.B. Prandina, il medico che cercò di curare la ferita subita da Garibaldi in Aspromonte; il bicchiere nel quale bevve Giuseppe Mazzini esule a Chiavari, quando in incognito giugeva ospite dai cugini a Chiavari, o ancora il cappello da popolano che Garibaldi portava quando si rifugiò, ancora a Chiavari, presso i parenti dopo la morte di Anita. I primi oggetti che risaltano agli occhi del visitatore sono le due camicie garibaldine, ambedue rosse con filettature verdi al colletto, al petto, alle tasche e ai polsini. Insieme al copricapo, sempre in rosso con filettature verdi, che riporta in giallo il numero 8 (ottavo reggimento), si possono datare al periodo della terza Guerra d’Indipendenza (1866).
Anche il kepì da ufficiale della Guardia Nazionale è da datare allo stesso periodo. Abbinate al kepì sono le spalline in argento.
Il kepì per piccola uniforme da ufficiale di artiglieria risale invece agli anni tra la fine dell’epopea risorgimentale e il periodo umbertino.
 

Cimelio - Zucchetto Pio IX

Zucchetto Pio IX
dono di Eugenio Galardi (2010) 

LE LETTERE 
La corrispondenza è una delle fonti più preziose per la conoscenza della storia e non solo di quella “ minore”, soprattutto quando le lettere vengono dirette ad amici di un buon livello culturale, con cui si scambiano opinioni, composizioni o osservazioni mirate. Nell’ Ottocento, periodo di grande fervore politico e culturale per l’Italia, lo studio della corrispondenza è basilare per gli argomenti trattati, perciò è di grande valore la raccolta di lettere, custodite nel Museo Storico della Società Economica di Chiavari, i cui mittenti sono tra i principali protagonisti del nostro Risorgimento.
Il materiale è pervenuto al Museo per donazione di parenti, amici, conoscenti o ammiratori di Mazzini, Garibaldi, Cavour, Sella, o in seguito ad eredità, come le lettere inviate a G. Gazzino, uomo di grande cultura e bibliofilo appassionato, da Tommaseo, Bassi, Lanza.


Tutta la corrispondenza del Museo:
- Lettere di Fra Diego Argiroffo
- Lettera di Agostino Rivarola
- Lettere di Ugo Bassi
- Lettera di Giuseppe Giusti
- Lettere di Giuseppe Garibaldi
- Lettere di Camillo Benso Conte di Cavour
- Lettere di Giuseppe Mazzini
- Lettera di Vincenzo Gioberti
- Lettere di Giuseppe Regaldi
- Lettere di Giuseppe Verdi e Giuseppina Strepponi Verdi
- Lettere di Giuseppe Avezzana
- Lettere di Giuseppe Ricchini
- Lettere di Maurizio Quadrio
- Lettere di Giovanni Lanza
- Lettere di Quintino Sella
- Lettera di Terenzio Mamiani
- Lettere di Nicolò Tommaseo

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Giuseppe Mazzini
La Giovine Italia

I FOGLI DI GIORNALE

Agli inizi dell’800 nasce il giornalismo politico italiano: si tratta di fogli, alcuni quotidiani, altri settimanali, che diventeranno presto strumenti di comunicazione di idee fra un luogo e l’altro del Paese.
Un momento di particolare vivacità per il giornalismo del Risorgimento si avrà nel 1848, quando le testate si moltiplicheranno ed esploderà la passione patriottica. I fogli hanno respiro europeo, in quanto le notizie provengono spesso da paesi esteri
Di quell’anno sono custoditi al Museo del Risorgimento della Società Economica alcuni numeri di diversi quotidiani e di riviste satiriche, pochi degli anni seguenti. Mancano raccolte sistematiche.
 

 

TELEGRAMMI E DISPACCI
Sono comunicazioni relative alla terza guerra d’Indipendenza, nella quale la scarsità di accordi tra i generali Lamarmora e Cialdini e la scelta della strategia analoga a quella di Carlo Alberto nel ’48 determinarono errori di tattica assai gravi. Un allarmismo ingiustificato nel re o nel Lamarmora fece della disfatta di Custoza (24 giugno) una grave sconfitta.
Il 5 luglio, mentre Vittorio Emanuele riceveva il telegramma di Napoleone che gli annunziava la cessione di Venezia e la mediazione francese, apparve in Francia la notizia sul 
Moniteur,con la conseguenza che l’Italia sembrò agli occhi della Prussia come violatrice del patto di alleanza. 

I PROCLAMI

Questi proclami testimoniano la dialettica complessa dell’alternanza dei sovrani restaurati con i governi provvisori che li hanno sostituiti. Ai cittadini vengono di volta in volta fornite quelle indicazioni che si reputano urgenti per incoraggiare o informare, sia a livello istituzionale che ad integrazione delle notizie che i fogli di giornale potevano fornire. 

I MANIFESTI
Sono attinenti soprattutto agli avvenimenti del ‘48 e ‘49 in Genova e Milano e alle vicende dello Stato Pontificio del ’59.
La maggior parte dei manifesti stampati a Chiavari provengono dalla tipografia di Angelo Argiroffo, insigne professore di Disegno e Ornato nella Scuola di Architettura e Ornato di Chiavari, fondata dalla Società Economica.
 

I VOLANTINI

Sono per la maggior parte relativi agli eventi del 1948 e 1949. 

I BOLLETTINI
La raccolta comprende trentacinque bollettini e documenta le vicende belliche della prima e della seconda Guerra d’Indipendenza. Alcuni bollettini sono ufficiali e risultano stampati su carta legale, con timbro. Altri sono supplementi di giornali e sono stati qui considerati in ragione del loro contenuto. 

LE SENTENZE

La maggiorparte delle diciassette sentenze custodite nel Museo di Chiavari, datate agli anni 1831, 1832, 1835, 1836 e 1837, documenta il tragico epilogo dei Moti insurrezionali di Modena. Fatta eccezione per l’ultima in elenco, che condanna a morte gli undici imputati accusati di aver sobillato i genovesi contro il governo sabaudo dopo l’armistizio di Vignale, tra il marzo e l’aprile del ‘49, le altre sentenze vennero promulgate a Modena dalla Commissione Militare o dal Tribunale dello Stato, cioè Statario.
Dieci sentenze ( Dono di M. Adelaide Servente Fullone) furono emesse dalla Commissione Militare Stataria, e le restanti dalle semplici Commissioni Militari. Quelle delle Commissioni Militari Statarie furono emesse da giurie composte di un colonnello, un sergente, un tenente e un capitano e dal commissario fiscale. Quest’ultimo calcolava gli importi delle multe da far pagare ai condannati e il costo per il vitto. La giuria era sempre completata dal Presidente e dal Cancelliere.
Le più ricorrenti colpe degli inquisiti furono il delitto di lesa maestà, la formazione e adesione a idee rivoluzionarie, atte a violare il governo preesistente e ad attentare alla persona del Re e in taluni casi, alla famiglia di Francesco IV; sono citate anche le numerose cospirazioni a favore della Giovine Italia.
Le sentenze emesse dal semplice Tribunale Militare contemplavano i delitti più gravi, cioè gli omicidi.
La maggioranza delle sentenze fu stampata dalle Reali Tipografie Eredi Soliani, altre dalla tipografia Reale o Camerale.
 

Cimelio 248 -Sentenza Tribunale Francesco IV

Sentenza del Tribunale Statario in nome di Francesco IV, duca di Modena, contro 2 imputati.
Manifesto, Modena, 21 Settembre 1831, tip. Eredi Soliani, cm. 57x44 

I DIPINTI E LE RAFFIGURAZIONI

Al Museo del Risorgimento della Società Economica sono esposte alcune opere raffiguranti personaggi e vicende salienti della storia locale in epoca risorgimentale. 

I VOLUMI E LE PUBBLICAZIONI A STAMPA

Questa è una raccolta piuttosto eterogenea in quanto comprende opuscoli, fascicoletti, piccole pubblicazioni, oltre al volume interessantissimo degli Atti del Congresso degli Scienziati dei Genova del 1846.
Questi documenti, presi in carico in origine dalla Biblioteca per tradizione, a partire dalla prima Mostra sul Risorgimento, e per gentile concessione del bibliotecario dott. Gianfrancesco Grasso, vengono inclusi, per il loro significato, nei documenti storici.
 

 

Gianluigi Coppola
Fucilazione di frà Diego Argiroffo il 1° Maggio 1800, 1982
Olio e acrilico su cartone telato, cm. 65x47. Dono dell'autore (1982)



Gianluigi Coppola
Arresto di Garibaldi a Chiavari nel 1849, 1982
Olio e acrilico su cartone telato, cm. 67x47. Dono dell'autore (1982)
 

Arresto Garibaldi senza passpartout

LE LITOGRAFIE
Le diverse raffigurazioni rappresentano personaggi-simbolo del Risorgimento e alcuni eventi del periodo, soprattutto militari. Sono particolarmente rappresentate le vicende della Repubblica Romana e della seconda Guerra d’Indipendenza.
I disegnatori e i litografi sono una realtà particolarmente rappresentata in questa sezione. Alcuni, come il genovese
Pietro Barabino (1822-1869), che si formò all’Accademia Ligustica di Belle Arti ed ebbe una feconda attività artistica come pittore, litografo, disegnatore e miniaturista, realizzando diversi ritratti di personaggi del Risorgimento e numerose scene di episodi legati a quel periodo, o comeGabriele Castagnola (1828-1883), uscito anch’egli dall’Accademia Ligustica di Belle Arti, pittore e illustratore, trovarono nella realtà politica loro contemporanea un forte stimolo per la creatività. 

 

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Lo Spirito Folletto 1 Lo Spirito Folletto 2
 

LA SATIRA RISORGIMENTALE
E successe un quarant'otto....
 




Copia anastatica del giornale satirico
Lo Spirito Folletto 
dono dello storico Gualtiero Schiaffino
 

IL FONDO NUMISMATICO
Fabio Galli 

Il Museo Storico e del Risorgimento della Società Economica di Chiavari conserva un fondo numismatico costituito da una raccolta medaglistica, da un piccolo accumulo abbastanza disomogeneo di monete italiane e straniere, da alcuni esemplari di carta-moneta risalenti all’epoca risorgimentale e da alcune decorazioni militari risalenti ad un periodo fra la fine del XIX secolo ed il secondo conflitto mondiale. 

Medaglie conferite in premio alla SE 1 Medaglie conferite in premio alla SE 2
 

LA COLLEZIONE DI MEDAGLIE
Pur non rivestendo – oggettivamente – l’importanza documentale delle raccolte di cimeli , di autografi o di documenti storici ( per citare solo alcuni dei fondi di maggiore interesse ) la raccolta di medaglie è comunque abbastanza rappresentativa dell’arte incisoria medaglistica italiana nella seconda metà del XIX secolo: sia per le figure degli Artisti rappresentati con le loro opere nella collezione , che per i modelli figurativi che vi si riscontrano .
Oggetto in se di non facile definizione ,avendo forma di moneta ma non essendo mezzo di scambio, la medaglia , nata nel XV secolo con funzioni meramente celebrative di un personaggio o di una Casata, assume nel corso dei secoli anche funzione commemorativa di particolari avvenimenti, mutuando schemi ed iconografia proprii della produzione monetale classica : in funzione di questa particolare capacità documentaria deve essere valutato il valore storico del piccolo complesso conservato presso il Museo Storico e del Risorgimento della Società Economica di Chiavari .
“ La medaglia si fa a memoria di uomini illustri , di forma simile alle monete, la parte dove è il ritratto della persona, in onor della quale è fatto, chiamasi il ritto, e l’altra parte, ove è l’Impresa , Geroglifico , emblema , dicesi il rovescio di essa “

( Filippo Baldinucci – Vocabolario toscano delle Arti del Disegno – Firenze 1681) 

 

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